Diversamente imputabili
L’ultima esternazione del
presidente della Repubblica (“E’ indispensabile… che quanti
appartengono alla istituzione preposta all’esercizio della
giurisdizione si attengano rigorosamente allo svolgimento di tale
funzione”) mi ha fatto molto arrabbiare. E’ ora di finirla, ho pensato,
con questa storia dei magistrati che conducono una lotta personale
contro la politica e in particolare contro la maggioranza che governa.
Non è vera e Napolitano lo sa: ci sono processi per gravi reati
commessi da uomini politici. L’“istituzione preposta all’esercizio
della giurisdizione” li celebra “rigorosamente”, come fa con ogni altro
processo. Il monito è stato inopportuno.
Poi ho riflettuto meglio.
Altro che inopportuno. Napolitano ha fatto di peggio: ha condiviso la
tesi dei politici in fuga dai processi. Ha detto: “Va ribadito che
nulla può abbattere un governo che abbia la fiducia della maggioranza
del Parlamento, in quanto poggia sulla coesione della coalizione che ha
ottenuto dai cittadini-elettori il consenso necessario per governare”.
Ha detto cioè che è il processo in sé, quando celebrato nei confronti
del politico, a essere eversivo: perché è in contrasto con la volontà
popolare. E tra legalità ed eguaglianza dei cittadini davanti alla
legge; e rispetto della sovranità popolare con conseguente impunità
dell’eletto; è il secondo principio che deve prevalere.
Così voglio
provare a discutere di questa nuova teoria, che avrebbe fatto
inorridire i miei maestri all’università, come fosse una cosa seria,
verificandone le possibili conseguenze. La volontà popolare è il
principio supremo: nulla deve impedire all’eletto dal popolo di
svolgere il suo mandato. Supponiamo che l’eletto dal popolo sia un
serial killer: lo è stato in passato e anzi sfrutta la sua posizione
per uccidere ancora. Il consenso popolare dovrebbe consentirgli
l’impunità per gli omicidi commessi? Peggio,
dovrebbe facilitargli ulteriori
omicidi impedendo che si accerti, nel rispetto della legge e con le
dovute garanzie processuali, se li ha davvero commessi e se ne sta
progettando altri? Gli interessi supremi del paese in funzione dei
quali “nulla può abbattere un governo che abbia la fiducia della
maggioranza” sarebbero tutelati da un serial killer? E se la risposta
fosse negativa, non sarebbe necessario allontanarlo dal governo del
paese?
Attenzione, questa ipotesi non è per nulla paradossale: se Riina
si presentasse alle elezioni in Sicilia, raccoglierebbe certamente
moltissimi voti; e se mafia, camorra, ‘ndrangheta e sacra corona
unissero le loro risorse per garantire l’elezione di uno dei loro a
qualche elevata carica istituzionale, avrebbero molte probabilità di
riuscire nel loro intento. Se il consenso popolare dovesse prevalere su
ogni altro principio, e in particolare su quello dell’uguaglianza di
tutti i cittadini davanti alla legge, l’eletto Riina e i suoi compari
potrebbero governare il paese, perseverando impunemente nella loro
attività criminosa. Non credo ci sia qualcuno che possa sostenere
questa tesi. Ma in Italia non ci sono serial killer al governo.
Speriamo che sia così. Allora vediamo quale tipo di delitti potrebbero
portare a pensare che sì, il consenso popolare… ma forse meglio non
insistere.
Un eletto dal popolo che abbia commesso o continuasse a
commettere violenze sessuali, magari su minori; o corruzioni, falsi in
bilancio e frodi fiscali per arricchire se stesso e i suoi amici; o
anche accordi con la criminalità organizzata, per garantirsi sicurezza,
prosperità e prolungata carriera politica; questi reati sarebbero
sufficientemente gravi da autorizzare un accertamento giudiziario? E,
se accertati, inciderebbero sull’idoneità dell’eletto dal popolo a
governare il Ppaese? Insomma, quali reati sono incompatibili con il
consenso popolare? Perché la teoria avrà pure qualche eccezione;
altrimenti anche Mussolini e Hitler avrebbero governato legittimamente
per via
dell’indubbio consenso popolare che
li circondava. E invece proprio il fatto che non sia mai stato
possibile processarli per i loro crimini e che abbiano potuto governare
nonostante li avessero commessi dimostra quanto sia pericoloso
sovrapporre questo principio a quello dell’uguaglianza della legge per
tutti i cittadini.
Io sono cresciuto nella convinzione che “se al mondo
ci fossero solo due uomini e questi uomini fossero San Francesco e
Santa Chiara, il diritto starebbe tra loro a indicare quello che è
giusto” (Barbero, Manuale di diritto civile, UTET, 1954). E’ troppo
chiedere a un professore universitario più vecchio di me di
ricordarsene?
da Il Fatto Quotidiano, 4 dicembre 2009